“Abissi d’acciaio” di Isaac Asimov – Recensione

[Titolo originale: The caves of steele]

Il mio giudizio in breve:

Giallo fantascientifico nel quale è intrigante la trama poliziesca, appassionante l’evolversi del rapporto uomo-robot, terribilmente deprimente (per quanto ben descritta e mai fine a se stessa) l’atmosfera della vita nel futuro con le gigantesche città dove gli individui sono come ingranaggi infinitesimali e si è perso ogni contatto con la natura. Anche se da un grandissimo scrittore come Asimov ci si potrebbe aspettare qualcosa di più, il libro è comunque davvero avvincente e molto bello, perfetto inoltre come proposta di narrativa “adulta” anche per adolescenti intorno ai 15 anni.

Per inquadrare meglio nella vasta produzione di Asimov questo romanzo, il primo libro del cosiddetto ciclo dei Robot e fondamentale anche per l’intera saga della Fondazione visto che introduce alcuni personaggi che saranno importanti in essa, rimando al post che ho dedicato parecchi mesi fa all’autore. “Abissi d’acciaio” è, come anticipato già nelle prime parole del mio giudizio sintetico, un giallo fantascientifico, ovvero una trama poliziesca calata in una realtà futuristica.

L’aspetto investigativo ruota intorno alla morte di un brillante robotista Spaziale (cioè uno degli abitanti dei cinquanta mondi oltre alla terra che risultano popolati da umani), delitto sul quale per scongiurare problemi diplomatici vengono chiamati ad indagare congiuntamente un poliziotto di New York, Eliah Bailey, ed un robot costruito proprio dagli Spaziali, R. Daneel Olivaw. Che invece l’ambientazione della storia sia fantascientifica lo si evince già solo dal fatto che esistano appunto robot così all’avanguardia da essere più che altro androidi assolutamente paragonabili (per aspetto, raziocinio, abilità) agli uomini. Ma leggendo il romanzo ci si rende conto che la fantascienza è ovunque: nelle città che sono immensi conglomerati di edifici e persone perennemente isolati nel sottosuolo, nelle abitazioni dove disporre di un lavandino personale è un privilegio, nelle mense la cui gestione di cibi code e preferenze è accuratamente pianificata per ottenere la più spinta ottimizzazione delle risorse in un mondo gravato dalla sovrappopolazione.

Di solito nelle mie recensioni cerco di non paragonare il libro in esame ad altri, soprattutto perché chi non avesse letto tutte le opere alle quali mi riferisco correrebbe il concreto rischio di trovarsi di fronte ad un post non molto comprensibile, ma questa volta voglio fare un’eccezione. Un’eccezione nel senso che parlerò di “Abissi d’acciaio” in relazione da un lato alla componente gialla, dall’altro per quello che riguarda l’affresco fornito dallo scrittore della società in cui il romanzo è ambientato e lo farò confrontandomi con due mie letture recenti: i polizieschi della Beaton e la trilogia distopica della Cass iniziata con “The Selection“. Il perché di questa scelta molto particolare è presto detto: pur senza giudicare “Abissi d’acciaio” quel capolavoro che il genio di Asimov avrebbe potuto produrre, trovo che si affranchi da quelli che sono invece i maggiori difetti delle due opere che ho appena citato.

Il filone investigativo innanzitutto: quello che per esempio trovo il grande difetto nei gialli (a mio parere decisamente all’acqua di rose) della Beaton, dove la protagonista indaga ma senza molto metodo e senza mai imbattersi in indizi, alibi, sospettati da interrogare. Anche in “Abissi d’acciaio” le indagini di Eliah e Daneel sono tutt’altro che lineari, un po’ per l’iniziale diffidenza dell’umano verso il robot con il quale è restio a condividere le sue considerazioni, un po’ perché si trovano a fronteggiare veri o presunti ostacoli messi in campo dai medievalisti, che temporaneamente li allontanano dal loro obiettivo.

Eppure alla conclusione del volume tutto torna, il lettore attento si rende conto che gli indizi per individuare il colpevole c’erano, che quella proposta è di fatto non solo la logica soluzione ma anche l’unica plausibile. I due detective possono aver lavorato seguendo false piste ed intuizioni fallaci (Eliah, come Agatha Raisin, pare un tipo impulsivo che si fa un’idea della dinamica del delitto in maniera brusca lavorando su un piccolo dettaglio) ma vista a posteriori la loro ricerca ha comunque individuato – che ne fossero o meno consapevoli – i punti cruciali per risolvere l’omicidio.

Copertine di alcune edizioni vintage in lingua inglese del romanzo

Osservazioni analoghe si possono fare anche passando all’ambientazione: là dove la Cass in “The Selection” e “The Elite” si limita a lasciar cadere vaghi accenni su un futuro distopico che non spiega e del quale non fornisce i dettagli più utili a capire il reale funzionamento della società, Asimov è invece sempre abile nel tratteggiare un remoto domani plausibile e completo. La visione dell’autore è indiscutibilmente superata per certi versi (come il ritenere che la terra sia pericolosamente sovrappopolata con 8 miliardi di abitanti), ma questo deriva dal fatto che il romanzo fu scritto nel 1953 e a mio avviso non è un gran difetto perché al di là di qualche sfumatura il tessuto sociale immaginato e messo in scena da Asimov è coerente, documentato, esaustivo.

A differenza delle otto caste presentate in “The Selection”, che non solo non si sa bene come si siano create ma soprattutto si ignora quanto davvero incidano sulla vita delle persone che ad esse appartengono, il lettore di “Abissi d’acciaio” penetra a fondo nella realtà delle megalopoli-formicaio che caratterizzano la terra nel lontanissimo futuro immaginato da Asimov. Si capisce perché c’è stato un passaggio ad una struttura sociale pesantemente collettiva, perché i robot sono malvisti dalle persone (oltre che temuti), quale vita attende gli abitanti del nostro pianeta nella loro quotidianità, quali sono i problemi più gravi da affrontare a livello planetario per non rischiare il collasso, da dove derivi la reciproca diffidenza fra terrestri e spaziali, perché alcune menti lungimiranti guardino all’esplorazione stellare come alla soluzione delle attuali difficoltà.

Insomma, come ho già osservato più volte in questo post, benché io non lo reputi un capolavoro ritengo che “Abissi d’acciaio” sia un libro interessante ed una piacevolissima lettura non solo per il suo ritmo scorrevole, le numerose svolte nella trama, la buona caratterizzazione dei protagonisti, ma anche perché offre esattamente quello che ci si aspetta da un giallo fantascientifico – ovvero una buona storia investigativa e un’accurata ambientazione nel futuro.

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4 risposte a "“Abissi d’acciaio” di Isaac Asimov – Recensione"

  1. Gentile Daniela, è con piacere che riesco di nuovo a scrivere qualche riga a commento di una tua recensione (l’ultima era stata per “appuntamento con l’oro).
    Lo faccio per dividere con te giusto un paio di considerazioni su “abissi d’acciao” e sul suo autore.
    Riguardo al libro il mio giudizio collima perfettamente con il tuo, per quanto riguarda sia i personaggi che l’ambientazione. Asimov, con rara bravura per il genere, ci fa dipanare l’intrigo con gli occhi del detective Elijah Baley e ci descrive il cambiamento del personaggio e la sua apertura mentale verso R.Daneel, che prima era visto come una presenza fastidiosa e ingombrante (al limite dell’odio), ma che alla fine viene visto come un amico e un collega. Questo libro, assieme a tutti gli altri (tranne il ciclo di Lucky S), fa presenza gradita nella mia libreria. Anche se il mio titolo preferito in assoluto rimane e rimarrà “Fondazione eTerra” che, a piccoli brani (impegni familiari permettendo) leggo sempre con piacere.
    Come penso saprai ad Asimov è stata varie volte mossa l’accusa di avere avuto poca “fantasia” dal momento che ha fatto popolare la galassia dai soli esseri umani (a parte la specie atipica dei solariani di Fondazione e terra, che comunque sono una evoluzione genetica dell’essere umano). A mio parere, invece, questo è un deciso punto di forza; visto che lui ha voluto evitare di uttilizzare razze aliene con i conseguenti filoni narrativi che potevano venirne fuori, ha dovuto usare il suo ingegno narrativo per allettare la mente del lettore avendo a disposizione,sempre per quanto riguarda il genere, una galleria ridotta di personaggi riguardo ad altri scrittori che vi anno attinto a piene mani.
    Finisco qui perchè non voglio essere troppo prolisso, ma può capitarmi quando l’argomento e di mio gradimento.
    Un caro saluto, Pietro.

    PS: in questo periodo sto leggendo, su consiglio di mia moglie, “Orgoglio e pregiudizio”. caspita! vorrei averlo iniziato prima.

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    1. Bentornato Pietro, sono felice che tu abbia avuto nuovamente il desiderio e il tempo di lasciare un commento!
      Vedo che su Asimov abbiamo opinioni molto simili, anch’io apprezzo la sua fantascienza così poco aliena proprio perché mi pare che questa scelta permetta (grazie alla grande abilità dello scrittore) di esplorare il genere in sfumature che altri autori non hanno toccato.
      Personalmente fra le accuse mosse ad Asimov quella che più giudico inconsistente è comunque la critica per il fatto che molti suoi presupposti si sono dimostrati errati nel corso dei decenni: è vero, su Venere non ci sono oceani e la terra di oggi pur avendo la popolazione predetta dallo scrittore in “Abissi d’acciaio” non è ridotta a megalopoli sotterranee e blindate, ma con questo? Le storie rimangono avvincenti, ben narrate, originali, e questi sono gli aspetti che io ricerco in un romanzo.
      Su “Orgoglio e pregiudizio” io sono una voce un po’ fuori dal coro, mi piace molto ma non posso fare a meno di ricordare che prima di leggere il libro ne avevo visto un adattamento cinematografico degli anni ’40 assai poco fedele. Certo la pecca (per così dire) è nel film e non nel romanzo, eppure questa sensazione mi impedisce di giudicare un capolavoro il libro della Austin. Se però ti piace il genere, il mio vivissimo consiglio è di provare anche un libro di Georgette Heyer: hai mai letto qualcosa di suo? Io la adoro, letteralmente!

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  2. Ciao Daniela. Spero ti farà piacere sapete che ho ordinato nella mia libreria “Sophy la grande”.
    Ho deciso di seguire il tuo consiglio dopo avere letto le tue recensioni delle opere della Heyer. In effetti mi sono buttato su “Orgoglio e pregiudizio” non avendo trovato nulla che mi potesse creare interesse nelle novità in ultima uscita. Anche in questo caso si tratta di uno sguardo verso il passato, che spero mi regali dei bei momenti. Mi auguro che tu sia d’accordo con la mia scelta, che spero, a fine lettura, mi permetterai di recensire. Spero che la mia attuale refrattarietà alle novità sia solo uno stato passeggero, anche se, haimè, dura da anni e forse è un po’ un limitarsi.

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    1. Ciao Pietro, la tua idea di provare le opere della Heyer è a mio parere un tentativo che vale assolutamente la pena di fare!
      E iniziare con Sophy è un’ottima scelta, io come ho già scritto nella recensione al libro ho letto l’edizione di parecchi anni fa, probabilmente non integrale, e l’ho davvero apprezzata tanto. Se lo stile dell’autrice ti piacerà ci sono molti titoli della Heyer che è facile recuperare (anche attraverso il mercato dell’usato) e che secondo me meritano. Sono proprio ansiosa di leggere la tua recensione quando avrai terminato la lettura!

      Sull’altro aspetto di cui parli, l’essere refrattario alle novità, temo che a volte questo atteggiamento contagi anche me. Io ci provo a cercare nuovi autori (sia nuovi in senso stretto, nel senso di contemporanei, che nuovi per me ma magari non proprio recenti), eppure noto che la maggior parte delle volte la lettura non è interessante e stimolante come speravo. La “scoperta” migliore dell’ultimo periodo è probabilmente la serie investigativa – ma si tratta di gialli molto all’acqua di rose – con protagonista Agatha Raisin: tu li hai letti? Io sono a quota tre e nonostante l’ultimo libro mi abbia un po’ delusa ti confesso che sono comunque decisa a provare il quarto …

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