“Un ristretto in tazza grande” di Federico Maria Rivalta – Recensione

[Titolo originale: Un ristretto in tazza grande -Riccardo Ranieri vol. 1]

Il mio giudizio in breve:

Uno dei primi gialli italiani che mi ha convinta davvero, a parte qualche puntualizzazione di troppo sul golf e le sue tecniche. Il protagonista è simpatico, i personaggi ben tratteggiati, lo stile dell’autore scorrevole e con qualche tocco di ironia che non guasta mai. Ben calibrato anche il leggerissimo accenno rosa dato dall’attrazione fra Riccardo e la procuratrice Giulia. Pur senza entusiasmarmi alla follia mi è piaciuto e sicuramente leggerò almeno il secondo volume della serie.

Il libro di oggi è, come avevo già accennato nella presentazione del suo estratto iniziale, il primo di una serie attualmente giunta a sette volumi che ha per protagonista il giornalista Riccardo Ranieri. Per ora non posso pronunciarmi che sul primo romanzo, “Un ristretto in tazza grande“, che come opera d’esordio è a mio parere decisamente interessante. Il libro infatti si rivela, in parte per la trama (tutto sommato ben orchestrata) ma soprattutto per l’ironia che accompagna le parole e le azioni di Riccardo, voce narrante delle vicende descritte.

Quarantenne milanese che ha lasciato il caos e la frenesia del capoluogo lombardo per le atmosfere agresti dei Colli Euganei ed un impiego nella sezione economica del Mattino di Padova, Riccardo è un personaggio che acquista vividezza e spessore grazie alle battute che rivolge a se stesso e agli altri, allo sguardo scanzonato con cui osserva il mondo circostante, all’atteggiamento attivo con cui reagisce all’improvviso addensarsi di difficoltà sulla sua testa.

Già perché da un giorno all’altro l’esclusiva serenità del circolo golfistico frequentato da Riccardo viene scossa da alcuni omicidi particolarmente efferati ed in un primo momento fra i sospettati c’è proprio il protagonista. Che in realtà esce presto dalla rosa dei potenziali killer per una circostanza tutt’altro che fortunata, ossia il fatto di essere a sua volta preso di mira in qualità di vittima.

Da questo momento al giornalista capiterà davvero un po’ di tutto, in un crescendo di episodi paradossali piuttosto che pericolosi, ma Riccardo riesce a fronteggiare la drammatica situazione con un certo distacco perché oltre che pallottole e botte in testa il passare dei giorni gli porta anche due importanti novità. Sul fronte lavorativo la “promozione” ad inviato di cronaca, su quello personale l’interesse (forse ricambiato, forse no) per l’affascinante procuratrice che segue il caso.

Lo stile di Rivalta è a mio parere la nota vincente, capace di rendere accattivante un intreccio che dal punto di vista investigativo è coerente ma insufficiente per mantenere viva l’attenzione del lettore durante tutto il prosieguo della storia. Personalmente mi è piaciuto il mix di quotidianità ed imprevisto, il modo in cui le rocambolesche disavventure di Riccardo accadono in luoghi tutto sommato banali come la campagna veneta, un bar di Padova, degli uffici pubblici.

La zona in cui si svolgono le vicende è quella dei Colli Euganei, mentre il titolo del romanzo fa riferimento sia al vezzo del protagonista di ordinare sempre un caffè ristretto in tazza grande, sia (indirettamente) al fatto che parecchie intuizioni o piccoli indizi vengono raccolti proprio durante le chiacchierate al bar.

A volte il protagonista è vittima di episodi un po’ al limite della credibilità, così come alcune delle figure secondarie sono leggermente troppo esasperate in qualche tratto per risultare del tutto plausibili, ma Riccardo è simpatico e come lettrice mi sono trovata a condividere le sue speranze o le sue ansie, a sorridere per le sue battute più riuscite (disapprovando invece quelle che avrebbe potuto risparmiarsi), ad augurarmi che il rapporto con Giulia potesse evolvere in qualcosa di più intimo.

Insomma, trovo che l’autore abbia saputo caratterizzare bene il suo eroe, mescolando con discreto successo sulle varie ragioni per cui Ranieri si interessi così attivamente alle indagini: per rimanere in contatto con la procuratrice, per esigenze di lavoro, perché conosceva la vittima, perché è stato sospettato in prima persona, perché il killer ha cercato di uccidere anche lui, perché il circolo golfistico sembra connesso in qualche modo alle vicende, perché – banalmente – la sua curiosità è stata stuzzicata.

Lo stile di Federico Maria Rivalta è scorrevole, da thriller leggero a dispetto dei macabri omicidi perpetrati durante l’evolversi della storia, basato più sui dialoghi e sulle situazioni che non sulle descrizioni. Tant’è che gli unici passaggi un po’ forzati, o comunque a mio parere inutili, sono quelli in cui lo scrittore offre spazio alle dissertazioni legate al golf. La risoluzione del mistero poteva forse essere condotta diversamente, ma nel complesso il romanzo mantiene un buon ritmo e – almeno per quanto mi riguarda – mi spinge a chiedermi quale potrà essere il successivo delitto in cui si imbatterà lo sfortunato Riccardo

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